lunedì 16 novembre 2015

Servono solo a rincoglionirti, ecco a cosa servono!

L'antefatto, prima di un post del genere, è obbligatorio. Era sabato 26 settembre 2015: ero qui, con l'incarico di leggere una storia scritta dall'organizzatore della manifestazione. Una storia che parla di videogiochi, intrisa di tanta emozione e di tanto affetto. Anche un po' di ingenuità, tipica dei nerd che parlano delle proprie passioni a gente che di solito risponde con uno sguardo pietoso da "Ma guarda 'sto poveraccio in che condizioni è". (È uno sguardo che mi vedo rivolgere spesso.)


E mentre leggevo e reinterpretavo (ah, la dannazione di essere attori, che poi esci dal palco e stai malissimo), e correvo sul palco, e mentre rivivevo quelle stesse emozioni - perché sì, sono un gamer, ma ne riparliamo - ho recitato questa battuta qui: "Al prossimo che vi chiederà 'cosa vi insegnano questi inutili giochi?' potrete rispondere 'IO HO INIZIATO A STUDIARE L'INGLESE GIOCANDO A SECRET OF MANA!', e avete la risposta pronta, tiè!". E mi è venuto un po' da pensare.

EDIT: se volete vedere le mie prestazioni (e quelle della scuola di danza, che magari è meglio), eccole:

E poi anche
Sì, quello con il pizzetto sono io

Perché 'sta cosa del "Che ci giochi a fare che tanto ti rincoglionisci e basta", diciamocelo, ce la siamo sentita dire un po' tutti, noi che - da poco o molto che sia - ci siamo ritrovati a intrattenere relazioni passionali con joystick, joypad e telecomandi vari. C'è stato perfino chi ha cercato di insinuare omosessualità represse notando le dimensioni di certi joystick, tipo questo

QUESTO è un joystick. Sooka, joypad.

(Giuro, me lo sono sentito dire.) Ovvia la risposta: "Se tu ci vedi qualcosa di diverso da quel che è in realtà, fossi in te i dubbi me li farei sulla TUA di sessualità". Naturalmente finì a insulti (suoi).

Ma ecco, sì: l'obiezione generale è che "i videogiochi non ti insegnano niente", condita di solito da "Te ne resti fermo là a rincretinirti" e "Diventi un grassone informe". E io, qui, se permettete, un punto (.) fermo ce lo metto.

Prima obiezione: se voi, vostro figlio o chi per esso, resta fermo ore e ore attaccato a una TV o a un monitor, la colpa non è sua. Forse non è nemmeno colpa di nessuno: ma certamente non sua, e non del videogioco, perché un bambino NON SA quando una cosa gli fa bene o male. E quindi non è sua la responsabilità di sapere quando staccarsi dalla console e muovere il culo, ma dei suoi genitori o di chi ne fa le veci. E detto questo, s'è già capito che questo post non sarà pieno di battutone lazzi frizzi e quanto siamo simpatici. Ebbene sì, questo è un

POST SERIO(TM)

E poi ci ho ripensato su, e dall'alto dei miei (ho iniziato a 7 anni) TRENTASEI anni di videogiochi (e almeno 42 di giochi, sì; quasi da quando sono nato), posso dirvi che sì, i giochi mi hanno insegnato molto - e se non l'hanno fatto, mi hanno ricordato molte cose insegnatemi altrove. Ne volete leggere un po'? Eccoci, cominciamo. Ma prima, è opportuno un

DISCLAIMER:

  • NON sto dicendo che i bambini devono giocare ai videogame tutto il giorno.
  • NON sto dicendo che devono avere il controllo della TV / console / computer.
  • NON sto dicendo che non devono uscire di casa, né fare sport, né attività fisica.
  • NON sto dicendo che la console è la nuova baby sitter.
  • NON sto dicendo che non dovete sottoporli ad alcun tipo di controllo.

Sto dando un punto di vista opposto al vecchio concetto di "I videogame rimbecilliscono". Se pensate che io stia dicendo altro, rileggete il disclaimer, ci rivediamo quando l'avete capito.

E andiamo per categorie

che se comincio a citarvele gioco per gioco qui tra una settimana siamo ancora a scrivere i primi. Perché i giochi, per chi di voi non lo sapesse (voi non lo sapesse? Malesse! Studiasse!), i giochi si dividono in molte categorie, che spesso si intrecciano l'una nell'altra e formano sottocategorie, eccetera eccetera e a uno viene un mal di testa così solo a pensarci no no basta ti prego.

Se prendiamo i video game d'azione,

praticamente siamo già 1-0 e palla al centro. Il perché lo potete leggere in articoli come questo e questo ancora, o ques'altro e poi c'è pure questo: i giochi, anche quelli vecchi "che ti rincoglionisci sempre co' 'ste palline, vai a giocare a calcio!" lavorano sì sul cervello, ma lo ALLENANO.
Avete voglia di questionare, lo sento, perciò preciso nuovamente che non sono uno di quelli per cui "il bimbo vuole giocare, lascialo là quelle sedici - diciassette ore, così evitiamo la baby sitter". Mi pare ovvio che sto parlando di giocare ma per tempi limitati e SOTTO CONTROLLO.

Ci siamo capiti? Graaaaazie. #speriamo
Arkanoid, Phozon, Tetris: coordinazione occhio-mano che nemmeno John Wayne

E quindi la pletora di giochi che richiedono tempismo, coordinazione, occhio, senso delle proporzioni: sto parlando di Dr. Mario e dei suoi epigoni, dello storico Tetris, dei giochi "di palla" dal primo storico Breakout ad Arkanoid, del semisconosciuto Phozon con le sue molecole da costruire, per arrivare ai loro più recenti discendenti.

E poi però c'è il grande capitolo dei

VIDEOGIOCHI VIOLENTI OH mio dio

quelli che oddio ma quello è sangue, ma il mio bambino (trentaseienne fuoricorso) poi diventa violento!!! Allora amici e vicini, l'argomento è talmente trito e ritrito che ormai si vede la trama e pure l'ordito (fa rima), e la risposta, vecchia come il cucco, è NO, un videogioco violento NON renderà violento vostro figlio. NO. ENNE - O. MONOSSIDO DI AZOTO, cioè NO.
Anche qui c'è la pletora di ricerche a dimostrarlo, ma se proprio volete c'è un'intera generazione di ora quarantenni cresciuti a pane nutella e DOOM / DOOM II / Carmageddon / Hexen / Heretic / Duke Nukem (*) e molti altri sempre più sanguinolenti in una scala da zero a genocidio planetario, ma casualmente non mi pare ci sia questo outbreak di criminali serial killer in giro. Certo, il quotidiano o il TG di turno non vedono l'ora di scrivere titoloni del tipo "Il serial killer giocava sempre a GTA" - e LO FANNO -, lo so, ma io vi dico; affidereste a Bruno Vespa la decisione se operare o meno vostro figlio sapendo che è grave? Ecco, nemmeno io penso che un giornalista sia anche uno psicologo.
Comunque NO, i videogiochi violenti non renderanno vostro figlio violento. Vi potrei citare questo articolo, per esempio, ma basta che guardiate i vostri figli, o i vostri parenti, o i loro amici gamer, e scoprirete che no, aver visto uno che fa saltare in aria interi edifici in un gioco non ci rende automaticamente dei criminali assetati di sangue.

Al massimo ci induce a mandarvi affettuosamente a fanCiao.

Ora, però, il solo argomento "VIDEO GIOCHI VIO-LEN-TI CHE DIVENTI CATTIVO" è talmente vasto che sarà meglio uscirne e passare ad altro. Magari ne riparliamo.

Si diceva che i videogame d'azione, i beat 'em up, e altri, allenano un bel po' la coordinazione occhio-mano. Passati gli "action" c'è un'altra bella categoria: quella dei

giochi di fantasia

Sì dai, ora mi vuoi dire che i videogiochi FAVORISCONO LA FANTASIA.
Avoja.
E ce ne sono tanti di giochi che non hanno un'ambientazione particolare né alcuna rispondenza alla realtà. Possiamo partire da moooolto lontano, da quel "Life" di John Conway che simulava paurosamente bene la vita di una colonia di cellule
(courtesy of http://writingcapital.tumblr.com)
e passare poi a giochi che magari hanno ambientazione e protagonisti totalmente irreali: partendo da Pac-Man, passando per piccoli capolavori sconosciuti come Psychedelia, Manic Miner e JetSet Willy, fino a passare all'enorme schiera dei Mario Bros, Bubble Bobble con i suoi draghetti, e alle apparizioni di personaggi storici della letteratura come Alice (mi aspetto che NESSUNO dica "Alice chi?").

O vogliamo parlare di Sackboy in Little Big Planet, o dei personaggi di Terry Pratchett? Tutti ambienti e personaggi assolutamente non reali né realistici, e che nemmeno provano a esserlo. Ma sono giochi in cui esistono degli obiettivi da raggiungere, in ambienti che non esistono nella realtà, e dicono al cervello: "Oh bello, svegliati, c'è da lavorare su queste cose qui e creare un mondo intero!" e il cervello lavora, lavora, si sveglia e si allena. Credeteci o meno, il bello di questi giochi è proprio questo: ti portano in situazioni non verificabili nella realtà e ti costringono a venirci a patti, come in teatro succede con un buono spettacolo.

I giochi che contengono storie, invece,

quelli che anni fa chiamavamo "end games" perché eh, a un tratto finiscono, occupano un posto un po' particolare. Un po' perché a me le storie piacciono, mi piace sentirle, mi piace raccontarle, mi piace interpretarle (se no mica starei a far teatro che mi viene l'ansia ogni volta che salgo sul palco), e un po' perché nelle storie vanno a finire anche le cose che abbiamo detto prima. Com'è che sia, in questo tipo di giochi ci si immedesima - spesso moltissimo. E se la storia è fatta bene, ci scappa anche la lacrimuccia, perché sì, ci scappa... Ché un gioco fatto bene è come un film fatto bene: ti regala delle emozioni, ti fa pensare, ti mette anche in discussione.

Ma volendo,

ci sarebbe da parlare di categorie e sottocategorie e no, non è il caso, già così il post sta a diventare di un lagnoso che oh, anche basta. Basta con le categorie. Mi chiederete, magari, "Ma tu parli parli, ma a te cosa avrebbero dato i giochi?" ecco, vi dico un po' di cose che alcuni videogiochi mi hanno ricordato. Ma poche, eh.

Tutti i Final Fantasy mi hanno ricordato che nessuno può bastare a se stesso. Che si può essere capaci, dotati, indipendenti, ma che non si può fare sempre tutto da soli, specie quando "tutto" diventa "troppo". Qualunque cosa sia, alla fine non è nemmeno indispensabile dover fare tutto da soli... E alle volte (ciao Tidus...) bisogna sapere anche mettersi da parte e sacrificarsi.

Vanille: Quando si tratta di casa e famiglia nessuno le tratta come dovrebbe. Chi si ferma mai a pensare che ogni volta potrebbe essere l'ultima che la vedremo?

Assassin's Creed non mi ha detto che uccidere per i propri scopi è bello e buono e utile. Mi ha ricordato che le persone e le società sono conflittuali: che spesso chi ti è avversario ha dei motivi tutt'altro che sbagliati, che "socialmente accettato" non vuol dire per forza "giusto" e che nella vita bisogna fare delle scelte. E convivere con le conseguenze di queste scelte. "Nulla è reale, tutto è lecito".

*****
Al Mualim: Qual è la verità?
Altaïr: Abbiamo fede in noi stessi, vediamo il mondo per ciò che davvero è, sperando che un giorno l'umanità possa vederlo per come appare.
Al Mualim: Cos'è il mondo allora?
Altaïr: Un'illusione.. alla quale sottomettersi come fanno molti, o da trascendere.
Al Mualim: Che significa trascendere?
Altaïr: Riconoscere che "Nulla è reale" e "Tutto è lecito". Che le leggi non vengono dalla divinità; ma dalla ragione.
***** 

Afro Samurai mi ha ricordato che lasciarsi ossessionare da qualcosa può diventare la peggior maledizione della tua vita.

Mass Effect, Prince of Persia, Bioshock mi hanno ricordato che ogni scelta che fai può cambiare completamente il corso di un'esistenza, e che in certe condizioni la scelta migliore comporta il sacrificio di se stessi. E che le proprie scelte possono anche non essere capite. O accettate.

Sheperd (M.E. 3): Combattere una guerra è difficile. Ma lo è ancora di più sapere che non riuscirò mai a salvarli tutti.

E potrei andare avanti a lungo, ma non è questa la sede.
Ora io non so voi, ma io continuerò a giocare il più a lungo possibile, per questo e molti altri motivi. Voi... Beh, la scelta è vostra.

(*) I marchi e i nomi dei videogame citati sono, ovviamente, proprietà vanto e onore dei rispettivi proprietari, che siano sempre lodati, amen, alleluia.

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