Premessa 1. Questo post sarà un po' più serio degli altri. Per essere precisi, conterrà notevoli dosi di acido, quindi preparatevi.
Premessa 2. Quando dico "Se sto messo così male non è solo colpa mia", è vero e ne ho le prove.
Premessa 3. As usual: molte delle cose scritte qui sono opinioni personali e che non vanno prese come giudizio di merito. Se vi sentite offesi, anche a causa dell'argomento... Scusate: caXXi vostri. #sucate.
Tutte 'ste premesse e non ho ancora iniziato a scrivere.
Per forza: quando l'argomento del blog è la città in cui sei nato e vissuto fino ai 18 anni, e quindi ti tocca da vicinissimo, un po' di mani avanti le devi mettere, specie quando hai diversi chili di sassi nelle scarpe.
Per forza: quando l'argomento del blog è la città in cui sei nato e vissuto fino ai 18 anni, e quindi ti tocca da vicinissimo, un po' di mani avanti le devi mettere, specie quando hai diversi chili di sassi nelle scarpe.
Beh, fatti un giro per Foggia.
Non quella che ogni tanto compare in TV (quasi sempre per questioni di criminalità, o per confermare che anche quest'anno siamo una delle ultime città d'Italia per qualità di vita), ma quella in cui sono nato e vissuto io. Quella che...
3 giugno 1971.
Nasco io. E già dovrebbe essere festa nazionale, diciamocelo, ma sono modesto e certe manifestazioni non mi si attagliano. (attagliano. Senti che vocaboli tiro così come se niente fosse. Anzi lo ripeto: attagliano.)
Dai racconti di mia madre, appena fuori mi scappa un vagito, dopo di che mi addormento.
E resto a dormire.
Per tre giorni consecutivi.
Al quarto giorno mi sveglio, mi attacco al seno di mamma e ciao baby: apparve subito chiaro al mondo che a me, in buona sostanza, del mondo, frega abbastanza poco.
E resto a dormire.
Per tre giorni consecutivi.
Al quarto giorno mi sveglio, mi attacco al seno di mamma e ciao baby: apparve subito chiaro al mondo che a me, in buona sostanza, del mondo, frega abbastanza poco.
(Dialogo tra me, mia madre e mia cognata: "Perché vedi, E---, io sono strano da quando avevo un anno - un anno e mezzo" e mia madre: "E NO, CARO. Tu sei strano da quando ti ho concepito.", facendo "no no" con l'indice della mano destra. Evocativo, n'est pas?)
...
I miei, poco dopo il matrimonio, si erano trasferiti in Via Massaua. Ricordo che per trovare 'sta via sul Tuttocittà, anni fa, ci misi mezz'ora, tanto per capire che non eravamo in Via Montenapoleone a Milano.
Decisamente no. |
I primi ricordi che ho di Foggia invece sono questi qui, più o meno:
Casa.
Primo piano, palazzina "B" (credo) di un condominio freddo e grigio.
Come un film in bianco e nero, ma di quelli noiosi, coi vicini di casa sempre pronti a lamentarsi del fatto che facevamo rumore, noi bambini (notoriamente i bambini sono creature silenziosissime e ostili all'idea di giocare, ridere e fare conoscenza con altri bambini: noi, evidentemente, eravamo quelli strani).
Primo piano, palazzina "B" (credo) di un condominio freddo e grigio.
Come un film in bianco e nero, ma di quelli noiosi, coi vicini di casa sempre pronti a lamentarsi del fatto che facevamo rumore, noi bambini (notoriamente i bambini sono creature silenziosissime e ostili all'idea di giocare, ridere e fare conoscenza con altri bambini: noi, evidentemente, eravamo quelli strani).
A meno di un anno uscii di casa gattonando e riuscii ad arrivare al portone d'ingresso, prima che qualcuno si accorgesse di me E MI LASCIASSE ANDARE. Lo stesso qualcuno, invece di prendermi al volo ed evitarmi il rischio di venir sminuzzato finemente dai camion che passavano dal viale tentando di decollare, andò a chiamare mia madre, serafico e tranquillo (quella santadonna della mia mamma avrebbe dovuto ancora passarne di tutti i colori, ma questo fu un buon indizio su come sarebbe andata avanti).
A circa sei anni uscii dal mio sostanziale anonimato tirando una pernacchia di dimensioni apocalittiche dopo l'ennesimo "pampini ke fare zempre rumore, raus, ja".
Emisi quel suono nella tromba delle scale, per cui il rimbombo durò circa mezz'ora.
Oh, m'ero rotto le scatole, chevvòi.
Emisi quel suono nella tromba delle scale, per cui il rimbombo durò circa mezz'ora.
Oh, m'ero rotto le scatole, chevvòi.
...
Tra i cinque e i dieci anni, qui:Tutti questi alberi però non c'erano. Nemmeno uno. Maledetti. |
Le sQuole elementari. Sperimentali, tra l'altro: non perché presero me come esperimento, ma perché oltre alle materie da programma ministeriale facevano cose raccapriccianti tipo, al quinto anno, farci studiare lingua Francese
Io: "Puis je sortir?"
Lui : "Oui!"
Io: "Merci!" e uscii. Dalla scuola.
e nientemeno che EDUCAZIONE CIVICA siore e siori. Cenni di Costituzione della Repubblica, leggi, codice della strada, che a ricordarmene mi viene un bruschettificio nell'occhio. Se penso a quanti politici sono entrati in Parlamento con la balla del "Presidente del Consiglio non eletto dal popolo", il bruschettificio diventa immediatamente voglia di sangue umano.
Comunque, essendo andato un anno prima rispetto alla media, venni comodamente schedato come disadattato, grazie, ben gentili
Comunque, essendo andato un anno prima rispetto alla media, venni comodamente schedato come disadattato, grazie, ben gentili
"Ma signora, vostro figlio è sordo?"
"No, perché?"
"Perché io lo chiamo: Paolo, Paolo, ma non mi risponde mai!"
"... Forse perché Paolo è il nome di mio marito e quello di mio figlio è Mentore?"
"Ehmmmmm..."
Capito con chi avevo a che fare?
Scuole medie
Il primo ricordo delle medie è la pregevole professoressa di Italiano che, saputo del gravissimo difetto di essere in anticipo di un anno, sentenzia: "Ah, è sicuramente handicappato!".
Il mio compagno di banco, in anticipo di un anno e TRE mesi, invece, venne definito subito un genio. Forse perché era veramente bravo, forse per il piccolo particolare di avere una madre professoressa di matematica e quindi automaticamente parte del "popolo eletto", boh, chi lo sa. (geniale lo era davvero, peraltro.)
Il mio compagno di banco, in anticipo di un anno e TRE mesi, invece, venne definito subito un genio. Forse perché era veramente bravo, forse per il piccolo particolare di avere una madre professoressa di matematica e quindi automaticamente parte del "popolo eletto", boh, chi lo sa. (geniale lo era davvero, peraltro.)
Furono tre meravigliosi anni di segregazione, clausura e alienazione, in una classe solo maschile perché altrimenti dei bambini tra i 10 e i 14 anni sicuramente passerebbero alle orge selvagge.
Il professore di matematica esordì con "Eh, questo ragazzo ha delle laGune nella materia e bisogna correggerle", e da quel momento non smise più. Ma 'ste lagune, a parte misurarne l'estensione, le correggiamo o no? MAI.
Il professore di educazione tecnica ne sapeva meno di me. E ho detto tutto.
La cosa migliore di quei tre anni di scuola media fu il giudizio in terza media al corso di Musica: "completamente inadatto alla materia".
Ma dettagli, su...
Nel frattempo in famiglia
le cose andavano di mene in peglio, nel senso che da bravi appartenenti al ramo negletto della famiglia (non essendo figli di imprenditore, avvocato o medico) venivamo - noi figli - considerati tre poveri mentacatti: quanto ai nostri genitori, uno dei due era "la babbiona", l'altro sostanzialmente veniva ignorato per quel pessimo vizio di essere una persona onesta e schietta.Ma saltiamo la questione famigliare di palo in siepe, ché qui ognuno di noi ha le proprie magagne e non sarà certo la mia a essere la peggiore (mettiamola meglio: IO posso parlar male della mia famiglia, gli altri devono avere il MIO permesso. Oppure.) Aneddoto.
Il giorno precedente il matrimonio di mia sorella, mio fratello e io intratteniamo piuttosto amabilmente un lontano cugino di terzo, o anche quarto, grado, proveniente da Roma e stabilmente "agganciato" nei quartieri alti, almeno per il flusso di denaro (ma ci sarebbero da dire tante altre cose...). Dopo circa un'ora di chiacchiere e scambi di pareri lui si ferma, perplesso, ci guarda e:
"Però... Sapete, sono un po' sorpreso."
"Perché?"
"Eh, vi avevano descritti un po'..."
"Ehm..."
Avrete capito che gli appuntamenti settimanali con i famigliari erano un catartico momento di umiliazione pubblica; ma poi sono successe tante tante cosette che uno ci potrebbe ridere sopra per tipo 32 anni...
Dai 7 anni in poi, a dirla tutta,
il mio rapporto con la città è stato da pendolare: ore 8 esatte in auto se no mio padre parte e ci lascia a casa (per poi farcela pagare cara, non è così semplice come sembra), ore 8.20 usciamo dall'auto al volo per raggiungere le scuole (elementari prima, medie poi, liceo pure...), ore 13 fatti trovare davanti alla scuola perché altrimenti papà torna a casa e ti lascia là dove sei, sì, mi è successo, almeno tre volte. Al liceo, stessa solfa nel pomeriggio per andare alle ripetizioni di matematica, stranamente frequentatissime nonostante tutti dicessero di non averne bisogno. Eh.E che dire dei prestigiosi edifici scolastici che ci accoglievano?
Meglio: che dire di questi edifici che non sia già stato detto della peste bubbonica? Esempio:
E questa me la chiamate una scuola media? |
Unico lato positivo: il bar all'angolo della strada, dove per la prima volta trovai un videogioco "da bar", appunto (Se anche voi avete i lucciconi ricordandovi di Ambush, Pac-Man e altri, beh, avete vissuto.).
E il nostro fantastico liceo scientifico?
... Che dire, a parte che faceva schifo? |
E "appoggiarci" non è un eufemismo: andavamo là e ci appoggiavamo sulle panche, per una, due ore la settimana, perché il nostro professore era impegnato in dure e faticosissime sessioni di lettura dei quotidiani sportivi e non poteva, in coscienza, occuparsi di noi - salvo darci un pallone (a caso) e, alle volte, chiederci di andare a comprargli le sigarette.
Grazie professore, lei è stato un faro della nostra formazione fisica e culturale. Vorrei tanto venire a ringraziarla usando opportunamente il mio quarto dan di karate, ma in fin dei conti c'è ancora del buono in me. Forse.
Alcuni fulgidi esempi di come la nostra mente si è formata:
"Siete una massa di cretini" (Filosofia)
"C'è uno stronzetto che mi deve andare a comprare le sigarette" (Ed. fisica)
"Il mio comBito è arduo con voi. Perché non solo vi devo insegnare l'Inglese, ma v'agghia pur' 'mbara' l'italiano!" (Inglese, ça va sans dire. Per la traduzione contattatemi in privato)
"L'ATP è una molecola che" (segue delirio)
"Ma lasciamo stare 'ste stronzate e parliamo di UFO" (supplente a caso)
"Scusate ragazzi, dovete evacuare tutti perché la caldaia potrebbe esplodere" (professore da tutti additato come portajella. Era il suo primo giorno da vicepreside #InEffetti)
Ah sì, non parliamo di ragazze, per favore.
Sembra che, anche nel 1988/89, un ragazzo che vive in campagna sia automaticamente da considerare un poveraccio da compatire, meglio ancora; da disprezzare.
Insomma.
- Tu ti appassioni al computer, loro parlano di calciatori guardandoti male
- Tu cerchi di leggere fumetti e libri, loro si piazzano su Quattroruote guardandoti male
- Tu vorresti vedere un film, loro Drive In (oddio, Drive In lo guardavo pure io, eh, ero adolescente in furia ormonale come tutti gli altri)
- Tu passi i pomeriggi in biblioteca comunale a leggere cose che vanno dalla raccolta di Sturmtruppen alle collezioni di Linus e L'Illustrazione italiana (e cominci a conoscere Trillo, Mandrafina, Quino, Bonvi, solo per citare alcuni nomi), loro la Gazzetta dello Sport
- Tu prendi riviste di informatica, loro ti guardano come se fossi scemo
- Tu passi gli intervalli tra un professore e l'altro a leggerti i libri di solfeggio di tua sorella (Letterio Ciriaco, quanta roba), loro ti deridono
- Tu rimani abbacinato da Star Wars, loro dalle veline di Striscia la Notizia (per quanto, in effetti)
- Tu guardi Lamu, I Cavalieri dello Zodiaco e Ken, loro le partite (perché 'u Foggia eje 'nu squadron'), guardandoti male
- Tu vuoi fare Ingegneria Elettronica dopo aver preso il tuo primo computer, loro Economia o Giurisprudenza perché hanno già il padre avvocato o commercialista (salvo qualche illuminato capace di scelte autonome), guardandoti male
È che, quando vivi in una città la cui cultura è totalmente aliena alla tua (e viceversa), il minimo che succeda è sentirsi - o meglio: venire emarginato e preso per reietto. E io ho il sospetto che siate in molti a pensarla così della vostra città.
...
Quando, per seguire le tue passioni, devi - devi - andare lontano centinaia di km,
quando arrivi da un'altra parte e scopri che sì, esiste un mondo nel quale non sei considerato un paria,
quando vedi che - almeno un pochino - puoi realizzare i tuoi desideri,
quando senti che una ragazza (o alle volte più dì una) ti risponde con gentilezza invece di investirti con acidità e ostilità,
quando parli di musica con altre persone e la risposta non è sempre "Che è 'sta merda, fammi sentire la techno",
quando ti rendi conto che esistono posti in cui puoi leggere fumetti e libri senza venir visto come un povero mentecatto,
quando sali su un palco e per la prima volta nessuno ti ride dietro,
quando entri in un negozio di giocattoli e puoi comprare qualcosa senza sentirti dire "Non puoi, sono cose da bambini",
quando conosci persone che condividono parzialmente o totalmente i tuoi interessi, e che ti spronano a seguirli, perché ci stai divinamente,
quando impari che in fondo anche gli altri hanno le loro passioni, che siano il calcio, le automobili, il buon cibo, e capisci che non importa, hanno tutto il diritto a vederle rispettate come tu hai il diritto di vedere rispettate le tue,
allora capisci che non è colpa della tua città, ma non è nemmeno colpa tua.
Ma insomma 'sta città natale la odio proprio tanto?
Ma NEMMENO
PER
SOGNO
PER
SOGNO
Anzi è il contrario.
Foggia è una città con tuttora un potenziale meraviglioso. Un potenziale che però nessuno vuole sfruttare. E potrei dire lo stesso di tante altre città, in cui tanta altra gente si sente fuori luogo, fuori tempo, rifiutata e respinta.
Foggia è una città che può, volendo, farsi amare. Però non si ama.
Non si concede il lusso (faticoso) di migliorare, nonostante le buone occasioni.
Oppure sì?
Vedremo.
Non si concede il lusso (faticoso) di migliorare, nonostante le buone occasioni.
Oppure sì?
Vedremo.
TERUN !!!
RispondiEliminaE CON ORGOGLIO!!!
EliminaBellissima
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